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Dieci anni dopo la liberazione del Kuwait, ripercorriamo lo scontro che nel 1991 oppose le forze della coalizione e l'esercito iracheno

24 febbraio 2001


Il 24 febbraio 1991 alle 0400, dopo 38 giorni di guerra essenzialmente aerea, la coalizione diretta dagli Stati Uniti lancia la quarta fase dell'operazione "Desert Storm", l'offensiva terrestre contro l'esercito iracheno. Cento ore di operazioni furono sufficienti per espellere quest'ultimo dal territorio del Kuwait, infliggendo gigantesche perdite materiali e prendendo più di 86'000 prigionieri.

Ai giorni nostri la fase terrestre dell'operazione "Desert Storm" è considerata come una tranquilla passeggiata, anche se dieci anni fa alcuni commentatori stavano già preannunciando un nuovo Viet Nam. Solo un esame della situazione alla frontiera saudita può però permetterci di valutare con precisione i mezzi dei rispettivi eserciti e la fondatezza delle loro decisioni.

 

Le forze terrestri della coalizione al 24 febbraio 1991

Les positions le 24.2.91, au niveau corps d'armée

Quasi 80'000 soldati, provenienti da 33 nazioni diverse, sono stati impiegati nella guerra del Golfo sotto la bandiera della coalizione; solo la metà a tuttavia preso parte all'offensiva terrestre contro l'esercito iracheno.

All'alba del 24 febbraio, le forze sotto il comando operazionale del generale americano H. Norman Schwarzkopf rappresentavano l'equivalente di 4 corpi d'armata composti da 16 divisioni di manovra.

Questi elementi erano ripartiti sotto tre comandi: Esercito US (ARCENT, Ten Gen Yeosok, 260'000 uomini del VII e del XVIII corpo), Marines US (MARCET, Ten Gen Boomer, 80'000 uomini del I Marine Expeditionary Force) e Coalizione araba (Joint Forces Command, Ten Gen e Principe Khalid Ibn Sultan, 100'000 uomini in due raggruppamenti, nord e est).

La posizione, l'articolazione, i mezzi e le missioni di queste subdivisioni erano i seguenti:

  • Ad ovest, a più di 250 km dalla frontiera kuwaitiana il XVIII corpo aeroportato US, comprendente la 24a divisione di fanteria meccanizzata (rinforzata da un brigata meccanizzata), l'82a divisione aeroportata (-), la 101a divisione aeromobile, la 6a divisione corazzata leggera francese "Dauget" (rinforzata da una brigata dell'82a), il terzo reggimento di cavalleria corazzata, e due brigate d'aviazione e tre di artiglieria. In totale 535 veicoli di combattimento blindati, 446 sistemi d'artiglieria e 314 elicotteri d'attacco. La missione: attaccare nella profondità del territorio iracheno, impadronirsi delle linee di comunicazione e dei passaggi obbligati all'altezza dell'Eufrate, così da tagliare le strada alle forze irachene in fuga dal Kuwait.


  • Centro di gravità delle forze coalizzate il VII corpo US, al tempo appena dislocato dalla Germania nel teatro kuwaitiano, comprendente la 1a divisione corazzata (rinforzata da una brigata della 3a divisione di fanteria meccanizzata rimasta in Germania), la 3a divisione corazzata, la 1a divisione di fanteria meccanizzata, la 1a divisione corazzata britannica e il II reggimento di cavalleria corazzata, con una brigata di comando. In totale 1421 veicoli da combattimento blindati, 580 sistemi d'artiglieria e 193 elicotteri d'attacco. La missione: attaccare nella profondità del territorio iracheno e annientare la Guardia Repubblicana tra l'Eufrate ed il Kuwait.


  • A sud della frontier tra Irak, Arabia Saudita e Kuwait, il Joint Forces Command North, comprendente la 3a divisione di fanteria meccanizzata e la 4a divisione corazzata con un reggimento Rangers in Egitto; la 9a divisione corazzata e un reggimento di forze speciali in Siria; la 4a brigata corazzata e la 20a brigata meccanizzata in Arabia Saudita, supportate dalle brigate di fanteria kuwaitiane Ash-Shahid e Al-Tahrir. La missione: attaccare le forze irachene sul territorio kuwaitiano e impadronirsi delle linee di comunicazione a nord-est di Kuwait City; in seguito liberare Kuwait City.


  • Ad un centinaio di chilometri dalla costa, il I Marine Expeditionary Force, comprendente la 1a e la 2a divisione dei Marines, la brigata Tiger e la 2a divisione corazzata US (restata in Germania), così come la 5a Marine Expeditionary Brigade utilizzata come riserva nel Golfo Persico. In totale 423 veicoli da combattimento blindati, 303 sistemi d'artiglieria e 76 elicotteri d'attacco. La missione: attaccare le forze irachene sul territorio kuwaitiano ed impadronirsi dei settori chiave ad ovest di Kuwait City, proteggendo il fianco destro del JFC-N.


  • Lungo la costa il Joint Forces Command East, diviso più o meno in tre gruppi comprendenti per l'Arabia Saudita la 2a brigata di fanteria motorizzata della Guardia, l'8a brigata di fanteria meccanizzata e la 10a brigata di fanteria; per il Kuwait la brigata Al-Fatah, così come un reggimento meccanizzato marocchino e 5 battaglioni di fanteria degli Emirati Arabi Uniti, dell'Oman, del Quatar, del Senegal e del Bangladesh. In totale 152 veicoli da combattimento blindati e 112 sistemi d'artiglieria. La missione: attaccare le forze irachene sul territorio kuwaitiano ed impadronirsi dei settori chiave sulla costa, proteggendo il fianco della I MEF prima della liberazione di Kuwait City.

Naturalmenete altri contingenti hanno partecipato in modo più o meno diretto a "Desert Storm", per esempio in missioni difensive in Arabia Saudita. Visto che il loro influsso particolare sull'azione terrestre è trascurabile, non saranno considerate in questo articolo.

 

Lance-roquettes multiples M-270

La preparazione dell'offensiva terrestre alleata

La data presa in considerazione per l'inizio della quarta fase di "Desert Storm", vale a dire il 24 febbraio, dipendeva da due imperativi: d'una parte permettere all'offensiva aerea di ridurre del 50% la capacità di combattimento delle divisioni irachene, dall'altra mettere sotto copertura aerea le basi di partenza delle diverse formazioni.

Il contingente aereo impiegato a partire dal 15 gennaio 1991 comprendeva circa 2400 aerei da combattimento e d'appoggio, dei quali 1800 targati USA; in 38 giorni i piloti della coalizione effettuarono più di 100'000 missioni delle quali 60'000 offensive (35'000 missioni d'attacco sulle formazioni irachene che si trovavano in Kuwait).

La supremazia aerea della coalizione permise inoltre alle forze terrestri di effettuare, all'insaputa del comando iracheno, un gigantesco spostamento ad ovest: al momento del lancio dell'operazione le formazioni alleate erano posizionate a sud della frontiera kuwaitiana, il XVIII ed il VII corpo effettuarono in tre settimane un spostamento rispettivamente di 415 e 240 chilometri, con 270'000 uomini, 50'000 veicoli (dei quali 7'000 cingolati) e tutta la logistica necessaria per occupare una base di partenza nel deserto. Parallelamente le divisioni dei Marines modificarono il loro dispositivo a partire dal 14 febbraio e si spostarono di 160 km approfittando così della debolezza dello schieramento avversario, causando il posticipo della data dell'attacco dal 21 al 24 febbraio.

 

Le forze terrestri irachene al 24 febbraio 1991

Les positions le 24.2.91, au niveau corps d'armée

All'alba dell'offensiva terrestre, i pianificatori del Central command stimavano che l'Irak schierasse in Kuwait 450'000, ripartiti in 41 divisioni distinte e due altre divisioni in brigate indipendenti.

La valutazione della loro capacità di comabttimento distingueva 17 divisioni tra il 75 ed il 100% (in rosso nello schema a lato), 9 tra il 50 ed il 75% (in arancio) e 15 tra il 25 ed il 75% (in giallo). Questa valutazione era basata originariamente su un rapporto della DIA che annunciava ad inizio gennaio l'impiego da parte di Bagdad di 547'000 uomini, 4'200 carri, 2'800 trasporto truppe corazzati e 3'100 pezzi d'artiglieria.

La più parte delle divisioni irachene non erano ancora a ranghi completi (tra 12'100 effettivi e 14'100 secondo il tipo) nemmeno all'inizio dell'offensiva aerea, e le diserzioni endemiche dovute ai bombardamenti aerei alleati, alle condizioni di vita del deserto e alle difficoltà logistiche, avevano singolarmente ridotto gli effettivi: un rapporto della camera americana dei rappresentanti indicava che nel 1992, sulla base degli interrogoatori dei prigionieri, gli effettivi raggiungevano le 352'000 unità il 15 gennaio, ridotte a 183'000 sei settimane più tardi a causa di 153'000 diserzioni, 17'000 evacuazioni per ferite e 9'000 decessi. Nuovi studi degli stessi interrogatori hanno però rivelato una sopravvalutazione del numero di feriti e morti. Per mantenere il possesso territoriale del Kuwait, o perlomeno rendere costosa al nemico la sua liberazione, il regime di Bagdad impiegò 25 divisioni in compiti di difesa statica, con 10 divisioni quale riserva operativa e altr 8 come riserva strategica (6 altre divisioni composte essenzialmente da fanteria erano stazionate al centro e all'ovest dell'Irak, e 18 divisioni di fanteria al nord, nel Kurdistan).

Queste forze erano divise in sei corpi d'armata:

  • Dalla costa fino al centro del Kuwait il III corpo, comprendente 10 divisioni di fanteria (2a, 7a, 8a, 11a, 14a, 15a, 18a, 19a, 29a e 42a), 1 divisione di fanteria meccanizzata (5a) e 1 divisione corazzata (3a). Missione: impedire ogni progressione nemica nel settore proveniente da sud o dal Golfo Persico.


  • Nella parte ovest del Kuwait il IV corpo, comprendente 4 divisioni di fanteria (16a, 20a, 21a e 36a), 2 divisioni di fanteria maccanizzata (1a e 30a) e 1 divisione corazzata (6a). Missione: impedire ogni progressione nemica nel proprio settore proveniente da sud.


  • Nel deserto iracheno, fino a 200 km a ovest del Kuwait il VII corpo, comprendetnte 7 divisioni di fanteria (25a, 26a, 27a, 28a, 31a, 47a e 48a) e la 1 divisione corazzata (12a). Missione: impedire ogni progressione nemica nel proprio settore, delimitato dallo wadi "Al-Batin", proveniente soprattutto da sud.


  • A nord del Kuwait, sulla frontiera con l'Irak, il II corpo corazzato, comprendente 1 divisione di fanteria meccanizzata (51a) e 1 divisione corazzata (17a). Missione: tenersi pronti a contrattaccare il nemico in caso di sfondamento delle linee di difesa oppure a prendere delle posizioni di difesa, ma anche annientare delle forze nemiche anfibie o aereotrasportate in Kuwait o nel sud-est dell'Irak.


  • A est del Kuwait, a cavallo della frontiera, il corpo Jhiad, comprendente 2 divisione corazzate (10a e 52a). Missione: tenersi pronti a contrattaccare il nemico in caso di sfondamento delle linee di difesa oppure a prendere delle posizioni di difesa.


  • A nord est del Kuwait un corpo della Guardia Repubblicana (RGFG), comprendente 1 divisione di fanteria meccanizzata (Tawakalna) e 2 divisioni corazzate (Al-Madinah et Hammurabi). Missione: tenersi pronti ad annientare l'attacco principale del nemico dopo che lo stesso sarà stato ridotto e rallentato dalle altre forze.

Altre divisioni sono state ingaggiate a livelli superiori, per esempio la 45a divisione di fanteria meccanizzata che teneva la strada e l'aeroporto di As Salam (obiettivo della divisione francese), o ancora una divisione di forze speciali a Kuwait City. Si tratta comunque di rilevare che l'equivalente di 8 altre divisioni, delle quali 3 di fanteria della Guradi Repubblicana (Nebuchadnezzar, Al-Adnan et Al-Fawah) erano disposte lungo l'Eufrate e costituivano una riserva strategica della quale non conosciamo la missione.

 

Sukhoi-25 irakien abattu par l'aviation alliée

La preparazione della difesa irachena

Tra l'agosto 1990 ed il febbraio 1991 le formazioni irachene hanno avuto sei mesi per preparare le loro postazioni difensive e immagazzinare le risorse necessarie al combattimento: all'inizio del gennaio1991, la DIA stimava che l'esercito di Bagdad disponeva di stock per 30 giorni nel teatro operativo Kuwait. Importanti lavori del genio erano stati intrapresi, monitorati però continuamente dalla coalizione.

Oltre alle due cinture difensive erette, un numero imprecisato di fortificazioni e campi minati erano stati realizzati lungo la costa. La prima cintura, parallela alla frontiera e situata dai 5 ai 15 km all'interno del territorio Kuwaitiano, era composta da campi minati contigui, profondi dai 100 ai 200 metri, rinforzati da filo spinato, fossati anticarro, dighe, trincee riempite di petrolio e coperte da punti d'appoggio di sezione o compagnia. La seconda cintura, di concezione identica alla prima, era arretrata di circa 20 km, coperta da una linea quasi ininterrotta di posizioni difensive di brigata, e composta da punti d'appoggio e di trincee di compagnia.

Questa disposizione, che testimonia l'esperienza fatta nella guerra contro l'Iran, aveva lo scopo di rallentare il nemico grazie alla prima cintura, di intrappolarlo in sacche di fuoco tra la prima e la seconda, e di annientarlo prima di poter attraversare la seconda cintura difensiva. Chiunque avesse superato quest'ultima avrebbe subito l'immediato contrattacco delle riserve divisionali (un battaglione carri per ogni divisione di fanteria) o di corpo d'armata (una o più divisioni meccanizzate/corazzate).

Questi preparativi sono però stati rapidamente presi di mira dall'aviazione alleata, nel quadro della fase 3 dell'operazione "Desert Storm": numerosi depositi sono stati distrutti, le vie di comunicazione gravemente danneggiate, i sistemidi comando e controllo largamente neutralizzati. Le divisioni di fanteria in rima linea sono quindi state progressivamente isolate, sconnesse, demoralizzate e affamate.

Se consideriamo inoltre che il livello di preparazione delle divisione era già scarso a causa dei coscritti inesperti che le componevano (ad eccezione delle formazioni della Guardia), possiamo immaginarci la debolezza della resistenza che queste divisioni di fanteria potevano opporre. Tuttavia le riserve operative irachene, una decina di divisioni comprendenti le migliori, sono state risparmiate dai raid aerei, sia per motivi di priorità nella pianificazione alleata, che in virtù del loro efficace camuffamento.

Coviene inoltre considerare che l'impiego di tossici di combattimento, nervini o vescicanti, appariva certo ai comandi alleati prima dell'inizio dell'offensiva. Malgrado l'intensiva preparazione della truppa durante "Desert Shield", l'utilizzo di armi C avrebbe certamente causato perdite considerabili, e l'offensiva aerea non sarebbe riuscita a sopprimere questa minaccia, vuoi per le scarse informazioni sull'ubicazione delle scorte di agenti, voui per la loro ripartizione sul teatro operativo.

 

Char T-72 irakien, capturé durant le conflit

Forze e debolezze delle truppe irachene

Non esamineremo in questa sede le decisioni strategiche di Saddam Hussein, visto che sfuggono largamente al dominio della ragione; ci soffermeremo però sulle possibilità tattiche e operative delle unità irachene, anche se retrospettivamente sembrano singolarmente limitate.

Le truppe irachene disponevano di una quantità impressionante di equipaggiamento pesante, che raggiungeva ottimi livilli in alcune unità: durante tutta la campagna "Desert Storm", la coalizione distrusse 3'847 carri (2'162 nell'offensiva terrestre), 1'450 trasporto truppe corazzati (525) e 2'917 pezzi d'artiglieria (1'500). D'altra parte l'efficace camuffamento delle unità di seconda linea o della riserva operativa ha permesso di conservare una buona capacità di combattimento, sia materiale che psicologica, fino all'inizio dell'offensiva terrestre. Al di là quindi delle divisioni di fanteria in pezzi e comunque di debole livello, il comando iracheno poteva contare su una dozzina di divisioni corazzate, meccanizzate o di forze speciali in grado di battersi – come i fatti hanno dimostrato – ad alti livelli.

L'incuria strategica di Saddam ha però avuto pesanti influssi sul concetto operativo iracheno: con una difesa statica concentrata sulla conservazione del territorio, anziché sull'annientamento dell'avversario, che oltre tutto era anche mal orientata (5 divisioni coprivano la costa), le grandi unità non sono state capaci di appoggiarsi vicendevolmente. L'azione delle formazioni corazzate e meccanizzate è stato egualmente fallimentare a causa della rottura della catena di comando caratterizzata da un sistema fortemente centralizzato.

Questo concetto non era nemmeno in rapporto con le possibilità tattiche delle formazioni impiegate: la debolezza della DCA leggera, l'assenza di apparecchi ad immagine termica, la mobilità ristretta dei pezzi di artiglieria, l'accecamento degli elementi di comando e osservazione, e non da ultimo la conformazione del terreno, impedivano l'utilizzo di formazioni mobili come riserva. La completa distruzione della divisione della Guardia "Tawalkana" da parte del VII corpo US, che non ha praticamente subito perdite, lo dimostra chiaramente.

Infine, l'estensione delle linee di comunicazione e la vulnerabilità dei depositi non erano adatti alla capacità alleata di spingere in profondità i propri attacchi aerei. Conseguenza: le forze irachene in prima linea si sono trovate senza scorte già prima di scorgere il primo carro nemico. Il regime di Bagdad ha comunque imparato dai propri errori riducendo le divisioni di fanteria calssica da 50 a 11.

 

M-109A6 Paladin américain durant le conflit

Forza e debolezza delle truppe alleate

Di fronte ad un presunto colosso iracheno i pianificatori alleati ipotizzavano prima del conflitto perdite significative, nell'ordine delle migliaia di unità. La superiorità a livello qualitativo della coalizione era indubbia, ma quella numerica (440'000 contro 180'000) superava ampiamente le previsioni. A livello qualitativo, le unità americane, ed in misura minore quelle britanniche e francesi, godevano di un vantaggio notevole su quelle irachene. In effetti lo scontro decisivo dell'offensiva terrestre opponeva l'equivalente di 12 divisioni corazzate e meccanizzate alleate, operanti in piena collaborazione, a10 divisioni irachene essenzialmente isolate. Il semplice rapporto degli effettivi arrivava però in alcuni casi a 5:1.

Il concetto delle operazioni terrestri del generale Schwarzkopf era la logica conseguenza della missione ricevuta, che nei suoi due elementi centrali – espellere le forze irachene dal Kuwait e distruggere la Guardia Repubblicana - si concentrava sulle forze avverse, più che sul terreno. La manovra ad ovest, a cominciare dallo spostamento durante l'offensiva aerea, non mette in luce un particolare genio militare – gli scontri in Cirenaica durante la II Guerra Modiale ne sono la dimostrazione – ma rappresenta uno sforzo logistico-coordinativo imponente. Il livello di prestazione delle formazioni occidentali è d'altronde notevole: basti ricordare che alcune unità del VII corpo US hanno preso parte ad azioni di combattimento un solo giorno dopo la fine dello spostamento nel teatro operativo!

Le prestazioni tecnologiche sono state un punto di forza della coalizione. Gli apparecchi a visione termica hanno permesso di annientare i blindati iracheni – nella maggior parte dei casi T-72 – con perdite minime; i sistemi di navigazione satellitare (GPS) hanno permesso manovre complesse su un terreno privo di punti di riferimento, limitando allo stesso tempo il "friendly fire" (che ha causato la morte di 35 soldati); i radar di controbatteria hanno permesso di scatenare rapidamento volumi di fuoco massicci, precisi e devastanti sulle posizioni irachene; infine gli elicotteri da combattimento hanno compiuto missioni devastanti senza a volte neanche essere identificati. Con tali vantaggi uno scontro frontale non poteva che essere vinto dalla coalizione.

Non dobbiamo però dimenticare le debolezze. I bisogni logistici di formazioni che manovrano nel deserto sono enormi, a causa del consumo di carburante – 10 litri al km per un M1 Abrams – e del fuoco d'artiglieria indiscriminato utilizzato per assicurare la capacità di manovra. E se la mobilità dei veicoli da combattimento si è dimostrata notevole, quella dei veicoli logistici non si è dimostrata all'altezza; malgrado l'installazione per ogni corpo d'armata di un'enorme base avanzata nel deserto iracheno, il rallentamento delle manovre è stato inevitabile.

D'altra parte i sistemi ed i metodi di comando americani non erano completamente adattti alla situazione. I piani d'azione comportavano numerosi elementi precisi, a livello di grandei unità, alfine di assicurare la cordinazione dei movimenti e dell'appoggio. Ma al momento dello sfondamento del fronte iracheno e della conseguente resa di migliaia di soldati, il VII corpo del generale Franks non sfruttò la situazione, evitando da prendere qualsiasi richio. Il che permise alle formazioni pesanti della Guardia di sottrarsi al fuoco alleato – causando non poche dispute oltre oceano.

 

Cadavres irakiens sur 'l'autoroute de la mort'

Conclusioni: le perdite umane e materiali

24 febbraio 1991: i comandanti della coalizione non potevano nascondere una tacita apprensione all'idea di lanciare le loro unità contro posizioni difensive in apparenza formidabili, tenute da un esercito certamente indebolito dall'offensiva aerea, ma probabilmente incline a battersi con lo stesso fervore dimostrato nella guerra Iran-Irak e pronto ad utilizzare tossici di combattimento. Al Central Command le stime sulle perdite oscillavano tra 700 e 5'000 morti. Ufficiosamente però alcuni esperti ipotizzavano perdite nell'ordine delle 70'000 unità – nella deprolabile tradizione della carneficina stile I Guerra Mondiale.

Cento ore più tardi si annuncia il cessate il fuoco e la relativa vittoria; annucio che per la sua rapidità sorprese anche i più ottimisti. In totale durante l'intera operazione Desert Storm, le perdite alleate in combattimento comprendevano 240 morti e 776 feriti, ai quali vanno aggiunti i 138 soldati morti ed i 2'978 feriti fuori dalle azioni di combattimento, a causa di incidenti; 41 militari alleati sono stati fatti prigionieri.

Riguardo a queste perdite minime, senza alcun rapporto con quelle dei conflitti mondiali – 2500 morti e 8500 feriti alleati durante lo sbarco in Normandia per esempio, malgrado degli effettivi impiegati dieci volte inferiori numericamente – numerosi osservatori hanno considerato sbrigativamente la Guerra del Golfo come un conflitto di parata, condotto contro un avversario restio a battersi e massacrato in una sorta di tiro al piccione. Di fatto le prime cifre avanzate a proposito delle perdite irachene arrivavano fino a 200'000 morti, anche se un numero molto basso di cadaveri era visibile sul campo di battaglia! Attualmente le informazioni provenienti dal regime di Bagdad tendono a far credere ad un massacro dei soldati disarmati iracheni da parte delle forze della coalizione, avanzando delle cifre che sembrabno basarsi su stime fatte da giornalisti occidentali alcuni giorni dopo il cessate il fuoco.

In realtà se le distruzioni materiali sono state considerevoli dalla parte irachena, le perdite umane si sono lim itate a qualche migliaio di morti, probabilmente tra 3'000 e 5'000, e 8'000 – 15'000 feriti; 86'000 militari iracheni sono stati fatti prigionieri dalla coalizione, dei quali 2'500 feriti; si stima inoltre che il numero dei prigionieri che sono riusciti a fuggire dal teatro operativo ammonti a 100'000.

Cio non toglie che le migliori formazioni irachene hanno offerto una resistenza decisa all'offensiva alleata, ingaggiando giganteschi scontri corazzati nel deserto. Ma la superiorità tattica, tecnica, umana e materiale delle formazioni occidentali ha completamente soppiantato i propri avversari subendo danni minimi. Un solo esempio: dei 1848 carri M1 Abrams impiegati durante "Desert Storm", 18 furono messi fuori combattimento; nove di questi furono completamente distrutti mentre gli altri nove furono semplicemente danneggiati dall'avversario, essenzialmente da mine.

Concludendo possiamo dire che se le formazioni del generale Schwarzkopf non hanno lasciato alcuna possibilità di vittoria alle truppe irachene, è per la volontà di limitare al minimo i rischi di perdite umane. Quello che però le cifre non indicano è la volontà di vincere che individualmente i membri della coalizione hanno dimostrato; spirito di combattimento che, inutile ricordarlo, costituisce il fondamenteo di qualsiasi forza armata.



Cap Ludovic Monnerat    
Traduzione: Ten Claudio Biffi    







Fonti

Jean-Jacques Langendorf, "Le bouclier et la tempête", Georg, 1995; General H. Norman Schwarzkopf, "It Doesn't Take A Hero", Bantam, 1992; Conduct of the Persian Gulf War (Final Report to Congress), 1992; Interim Report of the Committee on Armed Services, House of Representatives, 1992; Iraq's Army Organization, CNN, 1996; communiqués DefenseLINK, American Forces Press Service; Federation of American Scientists.

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